Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
 
 
 
Nota 5 novembre 1996, protocollo n.50/Segr.

Statuti di Autonomia


Emblema Repubblica Italiana


DIPARTIMENTO PER L'AUTONOMIA UNIVERSITARIA E GLI STUDENTI

Protocollo: n.50/Segr.
Roma, 5 novembre 1996

AI RETTORI DELLE UNIVERSITÀ
AI DIRETTORI DEGLI ISTITUTI UNIVERSITARI

LORO SEDI

Oggetto: Statuti di Autonomia

Questo Ministero ritiene opportuno e doveroso, procedendo alla valutazione degli statuti di autonomia, indicare preventivamente i criteri generali ai quali si ispira la propria azione.

Si intende in tal modo iniziare una nuova prassi, definita nel diritto di altri Paesi europei "annuncio preventivo di principi di interpretazione", che sembra adattarsi in modo speciale alla particolare forma che nel nostro Paese ha assunto l'autonomia universitaria.

Tale prassi da un lato costituisce una forma di autodisciplina, volta ad evitare che a casi analoghi siano riservati diversi trattamenti, dall'altro risponde ad una esigenza di piena trasparenza dell'azione amministrativa nei confronti delle Università, volta a segnalare gli indirizzi cui il Ministero intende attenersi, tenuto conto sia dei principi generali, sia della approvazione di nuove leggi che nel tempo hanno inciso sull'ordinamento universitario, anche successivamente all'approvazione di vari statuti.

E' opportuno sottolineare anche che, con le indicazioni di cui sopra per la predisposizione degli statuti e per l'eventuale revisione di quelli già emanati, questo Ministero confida di poter evitare l'utilizzo del ricorso giurisdizionale, che considera misura eccezionale ed estrema.

 

Considerazioni introduttive

Lo statuto è una fonte di II grado inserita in un processo di delegificazione e dunque abilitato a sostituire la precedente disciplina legislativa. L'effetto delegificante, cioè l'arretramento della disciplina legislativa e la sua sostituzione con quella statutaria, si produce con l'entrata in vigore dello statuto. Lo statuto è la "forma giuridica" dell'autonomia universitaria, cioè lo strumento necessario per la definizione del rispettivo ordinamento autonomo: le materie affidate allo statuto sono dunque in linea di principio quelle specificate dall'art.6, c.1, della legge n.168/89 (didattica, ricerca scientifica, organizzazione, finanza, contabilità), salvo i ritagli di materia (cioè profili o frammenti di disciplina) espressamente riservati dalla legge allo Stato (es. stato giuridico del personale docente, funzioni dirigenziali, elementi collegati al valore legale dei titoli, etc.). Di conseguenza gli Atenei hanno tutti i poteri pubblicistici necessari per l'esercizio delle funzioni loro affidate e la piena capacità di diritto privato con il solo limite della "funzionalizzazione", cioè della riferibilità alla cura degli interessi pubblici di cui sono espressione.

Nell'ambito delle materia di loro competenza dunque, non è la disponibilità del potere che va dichiarata ma l'eventuale presenza di norme legislative che esplicitamente lo escludano o lo limitino, evitando quindi di sovraccaricare la disciplina statutaria di ogni più minuta previsione.

In sostanza, il rapporto tra ordinamento generale e ordinamento dell'Ateneo, nelle materie riservate allo statuto, è stato costituito dalla legge n.168 in termini di relazione tra principi generali e disciplina di dettaglio.

In particolare, e scontato che non possono esservi interventi sull'ordinamento delle Università con veste regolamentare o amministrativa (art.6, c.2), va sottolineato che:

a) della legislazione precedente restano in vigore solo i principi cui, anche in via interpretativa, si riconosca carattere di generalità;

b) per la legislazione successiva si possono configurare due ipotesi:

- se le disposizioni, anche dettagliate, operano esplicito riferimento all'Università sono destinate a valere;

- se invece non operano un esplicito riferimento, non sono applicabili a meno che non si tratti di norme generali estese all'intero ordinamento (es. legge n.241/1990, stato giuridico dei pubblici dipendenti).

Per quanto riguarda la formulazione dello statuto va ricordato che in esso vi devono essere contenuti necessari o perché qualificati tali dal legislatore (artt. 6, c.3, 7, c.4 e 16, c.4 legge n.168/89) o perché la loro mancanza pregiudicherebbe la funzionalità dell'intero Ateneo (es. disciplina degli organi di governo).

Altrettanto necessaria va considerata la formulazione di principi o disposizioni in materia:

- di relazioni tra strutture centrali e strutture periferiche, in ordine alla gestione delle risorse, anche al fine di garantire l'autonomia riconosciuta ai singoli docenti e alle strutture didattiche e scientifiche in cui sono chiamati ad operare e i cui spazi possono variare in relazione a molteplici fattori. E' dunque indispensabile, specie dopo i provvedimenti della legge n.537/1993, che lo statuto detti almeno i principi base cui si ispirano le relazioni tra gli organi di governo dell'ateneo e le strutture didattiche e scientifiche, particolarmente in materia di determinazione delle piante organiche e gestione delle risorse (gestione diretta del centro, gestione per budget, etc.). E ciò è particolarmente rilevante negli atenei di grandi dimensioni, ove le relazioni tra centro accademico e macro strutture didattiche o scientifiche assumono contorni del tutto peculiari;

- di relazione tra organi di governo e apparati amministrativi centrali e periferici, imposta dalla necessità di adattare il modello introdotto dal D. L.vo n.29/1993 alla specifica realtà dell'ateneo (art.13, c.1). Solo dopo avere definito questo profilo è possibile disciplinare correttamente le funzioni del Rettore, del Consiglio di Amministrazione, del Senato Accademico e del Direttore Amministrativo. Naturalmente spetta ai singoli Atenei effettuare le scelte di merito su questi elementi; ma l'opzione deve essere espressa.

Di conseguenza, si deve ritenere che l'omessa regolamentazione di questi profili determini l'illegittimità dello statuto per incompletezza o vera e propria carenza di elementi essenziali rispetto all'assetto istituzionale ed organizzativo dei singoli atenei.

Per le stesse ragioni, per essere cioè destinato alla disciplina degli elementi essenziali della vita dell'ateneo, lo statuto mentre dovrà dettare la regolamentazione specifica delle funzioni e della composizione degli organi di governo (art.16 c.4), dovrà limitarsi a norme di principio in tema di attività didattica o di ricerca e di organizzazione anche finanziaria e contabile, la cui disciplina specifica è riservata ad appositi regolamenti (didattico, di organizzazione, di amministrazione, finanza e contabilità: art.6, commi 5 e 6, e art.7, c.7).

Sia per motivi di legittimità (violazione della riserva regolamentare dettata dalle disposizioni della legge n.168 appena ricordate) che per ovvie ragioni di opportunità (rigidezza, etc.), deve evitarsi quindi che gli statuti siano sovraccaricati di discipline o disposizioni specifiche.

 

PROBLEMI GENERALI
Per quanto riguarda le fonti:

a) nell'enunciare le relazioni tra ordinamento dell'Ateneo e ordinamento generale è necessario tenere presente quanto detto in precedenza, non cadendo nell'inversione del vincolo di conformità tra norme legislative e norme statutarie.

b) è necessario distinguere tra i regolamenti di Ateneo qualificati direttamente come tali dalla legge (v. regolamento didattico di Ateneo, legge n.341; v. regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità, v. art.7, c.7 legge n.168) e conseguentemente sottoposti ad un particolare regime di controllo e pubblicazione (v. commi 9 e 11 art.6 legge n.168), da quelli che semplicemente hanno come oggetto l'intero Ateneo (elettorale, accesso ai documenti, etc.), il cui iter si risolve invece tutto all'interno dell'Ateneo. Stando così le cose, è chiaro che lo statuto può introdurre liberamente (ma non necessariamente) solo i regolamenti del secondo tipo. D'altra parte, è appena il caso di rilevare che non ogni determinazione generale necessita di una forma regolamentare.

Per quanto riguarda la DIDATTICA, il regolamento didattico deve indicare gli ordinamenti degli studi dei vari corsi attivati (art.11 legge n.241), mentre i regolamenti interni delle strutture didattiche ne individuano l'articolazione e i piani di studio prescelti, demandando alle delibere annuali di programmazione la relativa organizzazione.

Per quanto riguarda gli organi di governo:

a) - si conferma la competenza ministeriale in ordine al provvedimento di nomina del Rettore;

b) - lo statuto può modificare le attribuzioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione a condizione che non si superi quel limite minimo di funzioni al di sotto del quale non sarebbero più esercitabili neppure i compiti elementari connaturati al ruolo proprio di ciascun organo. In ogni caso uno solo dei due organi, il C.d.A. o il S.A., dovrebbe avere competenze generali residuali in modo da evitare che risultino funzioni non assegnate né all'uno né all'altro. Sotto il profilo del merito, inoltre, la previsione di pareri vincolanti in determinate materie potrebbe deresponsabilizzare l'esercizio di una competenza di un organo senza corrispondentemente responsabilizzare l'altro organo.

c) - Per quanto riguarda lo status richiesto come presupposto per una elezione o nomina (es. direttore di dipartimento nel Senato Accademico) è necessario che lo statuto comunque si pronunci se lo stesso debba essere mantenuto per l'intero mandato o se ne sia sufficiente il possesso all'atto della elezione o nomina, ovvero che rinvii espressamente la soluzione del problema al regolamento elettorale dell'organo; la mancanza di tale chiarimento comporta notevoli inconvenienti non superabili in via interpretativa per la presenza di principi opposti (continuità del funzionamento dell'organo, effettività della rappresentanza su cui poggia) di eguale rilievo. Ovviamente, è appena il caso di rilevare che l'intervento statutario non potrà comunque mai incidere in materia di stato giuridico.

Per quanto riguarda il PERSONALE, le diverse categorie vanno puntualmente indicate, per evitare possibili interferenze sulle norme di stato giuridico.

Per quanto riguarda lo stato giuridico si deve senz'altro ritenere che rientra nello stesso il requisito del tempo pieno per la elezione (es. Rettore, Presidi e altri). Pertanto, il silenzio dello statuto non ha alcun rilievo perché valgono le disposizioni di legge in materia (art.11 D.P.R. n.382/80), così come valgono le disposizioni dell'art.13 del D.P.R. n.382/80 per quanto riguarda la possibilità di limitazione delle prestazioni didattiche del Rettore e delle altre figure previste dall'articolo stesso. Appare inoltre possibile disciplinare ulteriori incompatibilità per gli uffici elettivi a carattere amministrativo derivanti dalle relazioni istituzionali tra i vari organi o strutture dell'Ateneo, qualora gli stessi rientrino nei profili dell'organizzazione riservati dalla legge allo statuto.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie e la capacità contrattuale:

a) - l'università, possedendo una piena capacità di diritto privato, può partecipare a società e fondazioni;

b) - la questione delle indennità, previste da numerosi statuti, va affrontata distinguendo due ipotesi.

La prima ipotesi è costituita dalla previsione di indennità di carica destinate a chi, all'interno della propria istituzione o comunque nell'interesse di quest'ultima, si renda disponibile ad ulteriori compiti rispetto a quelli rientranti nell'ambito della propria ordinaria prestazione. In questi termini, non trattandosi di questioni attinenti allo stato giuridico, ma di una valutazione di merito che l'istituzione compie in vista delle proprie esigenze organizzative e istituzionali, cui farà fronte con proprie risorse, sembra possibile la previsione del principio in sede statutaria.

Del tutto diversa è la seconda ipotesi della previsione di una indennità di funzione, legata cioè allo svolgimento della prestazione professionale cui il soggetto è tenuto in via principale, con finalità premiali e di incentivazione della operosità e della bontà dei risultati raggiunti. In questo caso si versa sicuramente nell'ambito riservato alla contrattazione, sicché la previsione sarà ammissibile nei limiti in cui tale disciplina lo consenta.

Altra cosa è, invece, la previsione di assicurazioni per titolari di cariche elettive e dipendenti nell'esercizio di proprie attività con eventuale assunzione delle spese processuali (in caso di proscioglimento). Le evidenti ragioni di opportunità nell'interesse dell'istituzione (agevolazione ad assicurarsi disponibilità del personale docente a uffici di direzione a carattere elettivo; sostegno all'operato di uffici come quelli tecnici, che per le responsabilità ricoperte possono indulgere, in assenza di tali sostegni, in eccessi autogarantistici disfunzionali per la tempestività e l'efficienza dei compiti da assolvere), fanno sì che sembri possibile prevedere le assicurazioni sopraddette in quanto il problema è essenzialmente di merito (chi, come, quanto, etc.). E' pertanto sufficiente che l'utilizzazione a tali fini di risorse pubbliche sia correlata motivatamente alla sussistenza di un interesse pubblico che viene in tal modo soddisfatto.

Si rileva inoltre la possibilità di prevedere nello statuto contratti di diritto privato per prestazioni di lavoro e consulenze e per la copertura di insegnamenti. Tali contratti sono ammissibili nell'ambito delle norme legislative e contrattuali vigenti (art.7, comma 6 del D. L.vo n.29/93 e art.1, c.32 delle legge n.549/95), a condizione che se ne motivi la necessità.

 

AZIENDA POLICLINICO
E' demandata allo statuto la disciplina delle modalità organizzative e gestionali dei Policlinici universitari, nel rispetto dei fini istituzionali dell'Università e in analogia con il nuovo modello organizzativo introdotto dal D. L.vo n.502/92 per le aziende ospedaliere.

Da ciò discende che, ai fini dell'erogazione dell'assistenza sanitaria, il Policlinico, come complesso organizzativo autonomo dell'attività assistenziale assicurata dalla Facoltà di medicina al Servizio Sanitario, deve modellarsi in analogia con i principi fissati per l'azienda ospedaliera. Pertanto, lo statuto dovrà:

a) salvaguardare la peculiarità dell'attività del policlinico, finalizzata inscindibilmente all'assistenza, alla didattica e alla ricerca;

b) assicurare quell'ampio grado di autonomia gestionale che è propria dell'azienda, soprattutto per quanto concerne i poteri di gestione e di rappresentanza e le connesse responsabilità attribuite al Direttore Generale (es. predisposizione del bilancio, autonomia gestionale, rappresentanza legale etc.), figura distinta dagli organi monocratici dell'Università;

c) disciplinare i rapporti con l'Ateneo, per quanto riguarda la destinazione di risorse, di strutture, di beni e di personale da utilizzare per i fini assistenziali.

 

PROBLEMI PARTICOLARI
Si ritiene infine, utile segnalare alcuni problemi particolari che il Ministero ha incontrato esaminando gli statuti sottoposti alla sua approvazione, risolvendoli come segue:

a) - l'inserimento delle rappresentanze degli studenti negli organi collegiali ex legge n.246/1995 è sicuramente dovuto; non è da escludere peraltro che la componente studentesca possa esercitare i propri poteri per delega ad un soggetto che la rappresenti;

b) - il numero programmato delle immatricolazioni non può essere stabilito in via generale dagli statuti, se non è previsto dagli ordinamenti didattici dei vari corsi.

c) - la partecipazione dei ricercatori al C.d.F. è materia sicuramente statutaria;

d) - ai sensi della legislazione vigente le funzioni di dirigente, ivi comprese quelle di direttore amministrativo, non possono essere affidate a personale estraneo alle amministrazioni pubbliche. In ogni caso, allo stato, non può essere riconosciuta al direttore amministrativo la qualifica di dirigente generale;

e) - il reclutamento di personale amministrativo è effettuato da commissioni, materie e prove disciplinate dal DPCM n.439/1994 art.3, c.1 e ss;

f) - la rappresentanza e la difesa dell'amministrazione universitaria, di norma affidata alla Avvocatura dello Stato, non appare principio generale inderogabile;

g) - la ripartizione dei proventi derivanti da prestazioni professionali è principio generale cui va prestata osservanza: non è tale invece la misura della ripartizione che, trattandosi di materia rientrante nella autorganizzazione degli atenei, può essere diversamente definita;

h) - nulla impedisce che gli atenei rilascino titoli di studio con denominazione straniera (masters, etc.): è però necessario che in questi casi sia specificato nel titolo a quali delle tipologie previste dalla legislazione (corso di perfezionamento, scuola di specializzazione, etc.) tale denominazione va riferita;

i) - nulla impedisce che gli Atenei, nella propria autorganizzazione, mettano a disposizione propri locali per attività sociali e ricreative o partecipino alle spese delle medesime, se le considerano rientranti nei propri fini istituzionali (diritto allo studio, attività a fini sociali per i giovani, etc.);

l) - nulla impedisce che il Comitato Universitario Sportivo e la relativa attività, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge n.394/1977, siano disciplinati dagli atenei e che in particolare sia modificata la composizione del comitato, trattandosi di materia sicuramente rientrante nella competenza statutaria e di risorse tratte dai contributi versati dagli studenti.

 

Il Ministro


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