Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
 
 
 
Nota 19 ottobre 1998, protocollo n.4084/SG

Durata normativamente prevista dei corsi di studio e tempi per il conseguimento del relativo titolo.


Emblema Repubblica Italiana
Il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
Protocollo: n.4084/SG
Roma, 19 ottobre 1998
Oggetto: Durata normativamente prevista dei corsi di studio e tempi per il conseguimento del relativo titolo.

      In relazione al caso prospettato (dott. Casellato) - portato anche all'attenzione dell'opinione pubblica dai mezzi di informazione - riguardante la possibilità per lo studente di essere ammesso a sostenere l’esame di laurea in tempi minori rispetto alla durata normativamente prevista del corso, si osserva quanto segue.

      Come già enunciato in diversi atti del Ministero (nota n. 50, in data 5/11/96, in tema di autonomia statutaria; nota n. 2402, in data 31/10/96, in tema di autonomia didattica e di flessibilità degli ordinamenti didattici; nota in data 12/11/96, in tema di composizione delle commissioni di esame; nota n. 2079, in data 5/8/97, in tema di autonomia didattica; prima Nota di indirizzo sull’autonomia didattica, n. 1/1998, in data 16/6/1998), l'autonomia statutaria e regolamentare delle università, quale riconosciuta dall'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione e quale disciplinata dalla legge 9 maggio 1989, n. 168, ricomprende la facoltà di derogare - in applicazione delle predette fonti normative e di principi e norme adottati con la legislazione successiva - a disposizioni dell'ordinamento anteriore, ancorché non espressamente abrogate.

      L'anzidetta facoltà è, a maggior ragione e in linea generale, da considerarsi attribuita agli atenei in tutti i casi in cui disposizioni di legge demandino al potere auto-normativo delle università la regolamentazione di determinate materie.

      Con riferimento al caso di cui trattasi, la possibilità di distinguere tra la durata normativamente prevista del corso di studio – quale definita, da ultimo, dagli articoli 2 e 3 della legge n. 341/1990, limitatamente ai corsi di diploma universitario e di laurea (o quale sarà definita dai decreti attuativi della legge n. 127/1997) - e il tempo effettivamente impiegato dallo studente per completare il corso stesso è da considerarsi ricompresa in materia la cui disciplina è demandata dall'art. 11, secondo comma, della legge n. 341/1990 ai regolamenti didattici (di ateneo ovvero agli "appositi regolamenti" adottati dai consigli delle strutture didattiche in conformità al regolamento didattico di ateneo).

      È da ritenersi, pertanto, che – sulla base della richiamata disposizione – "i consigli delle strutture didattiche" abbiano la facoltà di prevedere e disciplinare anche l’anzidetta fattispecie, derogando al disposto di cui all'art. 41, secondo comma, del R.D. 4 giugno 1938, n. 1269, per la parte che subordina l'ammissione all'esame di laurea o di diploma alla comprovata frequenza del corso di studi "per il numero di anni prescritto".

      Va altresì considerato, ad ulteriore riprova dell’enunciata conclusione, che l’obbligo per lo studente di comprovare "di avere frequentato il rispettivo corso di studi per il numero di anni prescritto" fa riferimento ad un contesto ordinamentale, didattico ed organizzativo che prevedeva, in linea generale, l'obbligatorietà della frequenza dei singoli corsi. Previsione, quest’ultima, largamente superata - quanto alla sua generalità e vincolatività - dalla legislazione successiva.

      D’altronde, la durata normativamente prevista ("il numero di anni prescritto") dei corsi di studio rappresenta manifestamente un criterio di misura generale ed astratto, determinato con riferimento all'insieme delle conoscenze e delle competenze oggetto della specifica tipologia dei diversi corsi di studio, in relazione al tempo mediamente occorrente sia per l'insegnamento, ampiamente inteso, delle predette conoscenze e competenze, sia per il loro apprendimento da parte di uno studente di media capacità e diligenza. Che si tratti di una determinazione temporale media, astrattamente calcolata per la generalità dei casi, e non di una misura tassativa e prescrittiva, lo si evince anche dalla circostanza, pacificamente ammessa (e, purtroppo, sempre più frequente), della possibilità per lo studente di conseguire il titolo di studio in un numero di anni - di fatto non determinato - superiore a quello prescritto.

      Appare comunque dirimente il riferimento alla finalità istituzionale propria dell'istruzione superiore e delle università, quale definita dall'art. 1 del T.U. del 1933 (R.D. 31 agosto 1933, n. 1592), a tenore del quale: fine dell'istruzione superiore è di "fornire la cultura scientifica necessaria per l'esercizio degli uffici e delle professioni". Ne consegue - in coerenza anche con il principio generale, di cui all'art. 97, comma 1, della Costituzione - che obbligo dello studente e dell'istituzione universitaria è, rispettivamente, di comprovare e di certificare non tanto l’avvenuta permanenza negli studi per un certo numero di anni, quanto piuttosto l'avvenuta acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie per l'esercizio degli uffici e delle professioni. Acquisizione che, nel ricorso delle condizioni previste dai regolamenti didattici, ben può avvenire, per uno studente di particolari capacità o diligenza, in tempo minore rispetto a quello normativamente previsto, purché consti che siano stati superati tutti gli esami previsti dal rispettivo piano di studi.

      Non osta all'asserita conclusione l'entrata in vigore della legge n. 127/1997, in base al cui art. 17, comma 95, l'autonomia didattica degli atenei si esercita nell'ambito dei "criteri generali" che saranno previsti dagli emanandi "decreti di area". Si reputa infatti, per le esposte motivazioni, che i principi e le norme del vigente ordinamento universitario – con specifico riferimento all'art. 11, comma secondo, della legge n. 341/1990 – già contemplino la facoltà per gli atenei di disciplinare positivamente la fattispecie di cui trattasi.

      Alla luce delle considerazioni che precedono, si esprime pertanto l’avviso che, in relazione anche alla particolarità del caso prospettato, l’ateneo possa legittimamente ammettere lo studente all’esame di laurea con apposita e motivata deliberazione del consiglio della struttura didattica statutariamente competente.

Il Sottosegretario di Stato
con delega per l'Università
(f.to Prof. Luciano Guerzoni)